DAY 20 ( 15 agosto 2001 ) | Moremi ( Third Bridge Camp ) – Chobe National Park ( Savuti Camp )
Come sempre sveglia all’alba per smontare velocemente il campo e approfittare delle prime ore di luce per un “game drive” all’interno della Moremi Game Reserve. Attraversiamo il “famoso” Third Bridge che è letteralmente il terzo ponte in legno che si attraversa giungendo dal South Gate della Riserva.
Si tratta di un luogo particolarmente suggestivo affacciato sul fiume Sekiri, ricco di ippopotami e coccodrilli. La pista che percorre la Moremi Game Reserve è affascinante da guidare in fuoristrada e nel corso della giornata la attraversiamo completamente raggiungendone il confine orientale.
A nord-est si trova il Parco nazionale del Chobe, che vogliamo raggiungere in serata. Meno di quaranta chilometri separano il North Gate della Moremi Reserve dal Mababe Gate del Chobe National Park.
In questo breve tratto, dove numerose piste si intersecano, ad un certo punto sbagliamo strada. Il Khwai River è uscito dagli argini e ha allagato molti territori circostanti. Alcuni cartelli un pò approssimativi segnalano dove non bisogna passare.
Con il nostro fuoristrada ci ritroviamo presto su una pista piena di acqua e fango. Dopo un primo guado di fortuna, decidiamo di proseguire ma ben presto ci ritroviamo ad affondare nella melma, col il motore che perde i colpi, sopraffatto dall’acqua.
Con un colpo di reni e uno di fortuna riusciamo in qualche modo ad uscirne con la jeep che “tossisce” furiosamente. Cerchiamo di tenere alti i giri del motore per non farla spegnere proprio qui, in mezzo al nulla. E proprio mentre stiamo scaldando il motore si para di fianco a noi un enorme elefante, barrendo furiosamente.
Dando gas a più non posso ripercorriamo la pista in retromarcia, cercando di non uscire di strada, mentre il gigantesco pachiderma si trasforma in un puntino lontano. Lungo la strada verso il Mababe Gate, punto di ingresso del Chobe National Park, incontreremo moltissimi elefanti, incluso il più numeroso branco mai incontrato sinora.
Tutti i pachiderma si sono radunati a bere intorno ad una pozza, e alcuni di loro attraversano la pista che stiamo percorrendo. Ci avviciniamo lentamente, con cautela, per non spaventarli o rischiare di essere aggraditi. In diverse occasioni ci è capitato che un elefante fingesse una carica, soltanto per intimorirci. Ma non si sa mai come può andare a finire in queste occasioni.
Anche presso il Mababe Gate non abbiamo problemi ad entrare, ma il permesso di transito non viene quasi mai negato, a meno che siate prossimi all’orario di chiusura del Parco.
Sono ormai quasi le 18:00 quando giungiamo al Savuti Camp, all’interno del Chobe National Park. Uno zelante funzionario ci accoglie con un sorriso ma quando scopre che non abbiamo la prenotazione per il campeggio cambia radicalmente tono e, alterato ci invita ad andare via.
Il ranger non vuole sentir ragioni e ci intima di trovare una sistemazione in qualche lodge; noi cerchiamo di insistere e facciamo presente che ormai è troppo tardi per viaggiare all’interno del Parco e il regolamento non lo consentirebbe. E poi con il buio è estremamente rischioso restare in giro con la fauna selvatica. Di fronte a queste argomentazioni il ranger si lascia convincere e ci lascia montare le tende all’interno del campo, a dire il vero piuttosto deserto !
Il parco nazionale del Chobe non è tra i più grandi del Botswana ma è di gran lunga il più famoso e rinomato, sicuramente per la grande concentrazione di animali e la varietà e abbondanza di vegetazione.
L’area dello stagno di Savuti (Savuti Marsh area) dove stiamo campeggiando si trova nella porzione più occidentale del parco. Si tratta di un grande lago preistorico, ormai prosciugato e alimentato durante l’anno dal canale di Savuti. Nella regione si trovano ampie zone di savana e di prateria, con abbondanza di fauna ( facoceri, cudù, impala, zebre, gnu, elefanti, leoni, iene, ghepardi e così via).
Tramonto sul fiume e le spettacolari Cascate Vittoria
Lo spettacolo del tramonto sul fiume Chobe è uno dei ricordi che maggiormente mi resterà impresso nella memoria, con gli elefanti incuranti della nostra presenza che attraversano il fiume trafitti dai raggi infuocati del sole.
Il primo occidentale a mettere piede da queste parti fu lo scozzese David Livingstone. Il celebre esploratore visitò le cascate il 16 novembre 1855, dando loro il nome della regina d’Inghilterra, la Regina Vittoria.
Ovviamente le cascate erano già conosciute dai locali che le chiamavano Mosi-oa-Tunya, il fumo che tuona. Il nome si adatta perfettamente a questo spettacolo della natura, oggi patrimonio dell’umanità tutelato dall’Unesco.